I social network continuano ad incidere sul drammatico fenomeno del bullismo, aggravandolo e configurando nuove fattispecie spesso difficili da individuare e monitorare. Nuove forme di violenza, prevalentemente di stampo psicologico, che non conoscono limiti di tempo e spazio, e che proprio per questo risultano più invadenti e dannose. Da qui la nuova accezione di cyberbullismo.
Stando ad una ricerca effettuata dal Centro Studi ReputationUp, sarebbe Instagram la piattaforma maggiormente colpita dal fenomeno, con il 42% dei casi. Seguono Facebook (37%), Snapchat (31%), Whatsapp (12%) e Youtube (10%). Fanalino di coda dell’ingloriosa classifica risulta essere Twitter, con il 9% dei casi. Il fenomeno, soprattutto negli ultimi dieci anni, sembra essere diventato endemico, nonostante gli sforzi delle autorità competenti. Il vero problema, con tutta probabilità, è rappresentato dal fatto che il cyberbullo, nell’intricato mondo del web, è libero di agire senza alcuna restrizione, anche a causa della mancanza di una regolamentazione omogenea. In poche parole, i social network rappresentano una vera e propria zona franca digitale in cui ciascun colpevole può avere vita facile. Tra le soluzioni di cui spesso parlano le istituzioni, l’approccio più spesso paventato risulta essere quello relativo alla prevenzione e all’azione sinergica, quest’ultima intesa come collaborazione costante tra le autorità, gli istituti scolastici, gli psicologici e le famiglie. Una strategia che ad oggi ha portato pochi risultati, come testimoniato anche dai dati pubblicati all’ente internazionale “Bullying Without Borders”, dai quali emergerebbe che in Italia si verifichino quasi 20mila casi di bullismo e cyberbullismo all’anno. Un dato preoccupante, che tenderebbe ad aumentare. La criticità che più di qualsiasi altra sbigottisce è però una sola: la scarsa educazione digitale dei giovani. Un’educazione che, in questo frangente, non deve essere intesa nel senso più canonico del termine, è difatti evidente che la quasi totalità degli adolescenti sia perfettamente in grado di utilizzare le più famose piattaforme web, bensì come un’interpretazione dei buoni comportamenti da seguire nel mondo della rete. Una vera e propria netiquette che possa favorire e accrescere l’uso consapevole dei social network. Rimane indubbio che la certezza di una pena severa scoraggerebbe le personalità meno agguerrite e ridurrebbe sensibilmente il numero di casi legati al triste fenomeno del cyberbullismo, ma la sfida più incombente resta quella di introdurre in tutti gli istituti scolastici un piano di studi specifico che consenta a ciascuno studente di comprendere tanto le potenzialità quanto i rischi correlati ad un uso improprio dell’intricato mondo del web, con un occhio di riguardo per tutto il comparto relativo ai social network. Perché senza una solida consapevolezza non sarà mai possibile immaginare un’adeguata prevenzione.

Andrea Lepone