Riflessioni filosofiche e sociali nel nuovo articolo curato dal Dott. Antonio Fabrizi

Tempo fa mi fu segnalato un articolo del 21 giugno 2016 sul quotidiano on-line Libertà e persona a firma di Francesco Agnoli Nietzsche e il nazismo: un approdo obbligato[1]. L’autore riafferma il ruolo di precursore del nazismo, un tempo attribuito in modo unanime al filosofo tedesco, e che al giorno d’oggi invece, in modo altrettanto unanime, si tende a respingere.
Pur apprezzando le voci fuori dal coro, le argomentazioni avanzate non mi hanno convinto. Innanzi tutto, perché mi è sembrato che l’autore confondesse l’odio per la religione, per tutte le religioni, anche per quella ebraica, con l’antisemitismo. Nel suo articolo, egli afferma che il fatto che Nietzsche abbia contato fra i suoi traduttori, divulgatori ed estimatori di molti ebrei e che abbia per questo sperato, alla fine della sua vita, di un aiuto da parte di quella parte della finanza controllata da ebrei si spiegherebbe con l’odio, da parte di molti ebrei, per l’Antico Testamento, che equivarrebbe ad un “odio ebraico verso sé stessi”. L’autore arriva a fare un parallelo con l’odio di molti occidentali per la tradizione cristiana, come se anche tale odio equivalesse ad un “odio verso sé stessi”. Sembrerebbe un ragionamento lineare, ma non lo è. Sarebbe lineare infatti solo se prendessimo per buone le tesi hitleriane secondo le quali gli ebrei non sono appartenenti ad una religione ma ad una razza, nel senso biologico del termine. Se invece, preso atto che le razze, nel senso biologico del termine, non esistono, possiamo considerare gli ebrei semplicemente come gli appartenenti alla religione ebraica, concludendo dunque che gli ebrei che odiano l’Antico Testamento non sono “ebrei che odiano sé stessi”, ma semplicemente non sono ebrei, nel senso che, pur essendo nati, e magari cresciuti, all’interno di quella religione l’hanno poi rigettata. Insomma, il panteista Baruch Spinoza sarebbe un ebreo che odia sé stesso? Non credo. Lo stesso Agnoli afferma che “Nietzsche non è antisemita nel senso razziale del termine” ma l’antisemitismo si rivolge contro gli ebrei intesi come razza, non come appartenenti ad una religione (in quel caso si dovrebbe parlare di antigiudaismo, sempre che il rigetto della religione come concetto possa ridursi al rigetto della sola religione ebraica), prescindendo da una loro conversione e concentrandosi sulle ascendenze. A proposito del parallelo tra molti intellettuali occidentali e la tradizione cristiana, ammesso e non concesso che la cultura occidentale si identifichi con la tradizione cristiana varrebbe lo stesso ragionamento: non un “odio verso sé stessi”, ma semplicemente un rigetto della tradizione culturale nella quale si è cresciuti ma che è comunque “esterna” al singolo individuo. Direi quindi semplicemente che Nietzsche odi tutte le religioni, compresa quella ebraica, senza che questo faccia di lui un antisemita, tanto meno un teorico dello sterminio di tutte le persone di ascendenza ebraica. Certamente il nazismo non si riduce soltanto all’antisemitismo: esso ha anche teorizzato e praticato la schiavitù dei popoli ritenuti inferiori (gli slavi in primo luogo) e soprattutto l’eugenetica applicata fino all’eliminazione delle persone disabili. A questo proposito, Nietzsche, afferma Agnoli, non nascondeva la sua stima per Francis Galton, patrocinatore dell’eugenetica. Lo stesso Nietzsche inoltre ritiene accettabile la schiavitù degli “inferiori”, il “gregge” sul quale si eleva la nuova aristocrazia dei superuomini, fatta da pochi individui che vivono al di sopra e al di fuori dalle catene morali della civiltà, assumendosene il rischio e vincendo, proprio in virtù della loro superiorità. Il filosofo tedesco rigetta la compassione (di derivazione cristiana, vedendo nel cristianesimo un male maggiore dell’ebraismo) in quanto essa “intralcia la legge dell’evoluzione che è legge della selezione”.
Qualche affinità con il nazismo c’è (schiavitù degli inferiori, selezione dei forti ed estinzione dei deboli) ma non al punto da fare del nazismo “un approdo obbligato” del pensiero nietzschiano. Agnoli, infatti, non sembra dare molto peso all’ostilità di Nietzsche verso qualsiasi ideologia collettivista: cita la sua ostilità al nazionalismo e al socialismo, ma come se non fosse rilevante. Eppure l’idea di Nietzsche che la morale, l’organizzazione e lo Stato non siano altro che strutture nelle quali i deboli si trincerano contro coloro che sanno creare e prorompere, ossia la “sua” aristocrazia (che non è certo quella prussiana), basterebbe a porlo fuori (e contro) qualsiasi logica totalitaria: il superuomo di Nietzsche non coincide con “l’individuo di razza ariana”, proprio del pensiero nazista, in quanto la sua presunta superiorità non sta nella nascita in un particolare gruppo etnico o ceto sociale, ma in una particolare capacità di affrontare (anzi di abbracciare) la vita, fuori non solo dalla Chiesa, ma anche dallo Stato, entrambi idoli di quei deboli che tanto odia e disprezza e che ritiene legittimo che quei “superuomini”, in grado di prorompere e creare, utilizzino come strumenti per i loro scopi, come schiavi appunto, ma non per via delle loro origini, ma perché privi di forza creativa, incapaci di vivere al di fuori degli idoli (logica, morale, organizzazione, Stato) che si sono creati per stare al sicuro.
Senza lo Stato, senza un’organizzazione a soccorrere, senza una chiesa, il tutto ispirato alla morale della compassione, la selezione farebbe il suo corso, aprendo la strada ai superuomini ed estinguendo i deboli. In quest’ottica, la traduzione “oltre-uomo” non suona più così paracula: sottolinea infatti un altro aspetto della filosofia nietzschiana, quella di un nuovo individuo non solo “sopra” gli altri, schiavi della morale comune della compassione, ma anche “oltre” l’umanità come l’abbiamo conosciuta finora. Improbabile, dunque, che Nietzsche pensasse a uno sterminio organizzato come quello di Hitler, tanto meno rivolto verso particolari gruppi etnico-religiosi. Più probabile che preferisse che la Natura fosse lasciata libera di agire per il bene del super (od oltre) uomo. Dal darwinismo scientifico a quello etico. Un passaggio ripugnante? Certo. Ma non c’è bisogno di scomodare il nazismo per questo: l’individuo prorompente e creativo, che s’avventura fuori dalla Civiltà per crearsi il suo destino affrontando la Natura e soggiogando gli esseri “inferiori” è qualcosa di visto da ben prima di Hitler. L’idea che occorra distruggere quella cornice di logica, morale ed organizzazione incarnata dallo Stato e da tutte le altre istituzioni per liberare lo spirito creativo dell’individuo “superiore” ha in comune con il nazismo solo l’idea di superiorità, ma è una superiorità di singoli individui, non di un Volk che Nietzsche per tutta la sua vita ha considerato nient’altro che “gregge” da cui i super/oltre uomini si sono elevati ed emancipati. In conclusione, aggiungerei che è difficile dare una valenza politica al pensiero di Nietzsche. In effetti egli non propone un tipo di sistema, ma piuttosto un tipo d’uomo. Un tipo che, istintivamente, trovo molto simile all’eroe randiano, come John Galt ne La Rivolta di Atlante, dal grande genio creativo che lotta contro la morale del gregge che vorrebbe incatenarlo in nome della compassione (o meglio della “solidarietà”), vissuta come un dovere. Ed infatti Rand, come Nietzsche, odia profondamente il Socialismo ritenendolo, come Nietzsche, l’espressione più piena della tirannia dei mediocri (il “gregge” di Nietzsche) sui migliori, che, come in Nietzsche, sono coloro che creano. Ecco che quindi La Rivolta di Atalante può apparire come la risposta alla “rivolta degli schiavi” che per Nietzsche coincide con l’inizio della degenerazione della specie umana, in quanto momento di interruzione della selezione naturale. Anche questa però, va detto, è un’affinità che vale solo in parte: dopotutto, l’eroe randiano è un egoista “in difesa” che lotta in nome dell’assioma di non-aggressione (laddove l’aggressione sono soprattutto i tributi imposti dall’autorità pubblica per finanziare l’assistenza sociale), mentre Nietzsche degli assiomi non se ne cura, anzi li rigetta, in quanto il suo superuomo rigetta logica e morale, compresa quella della non-aggressione (in effetti Rand non si spinge fino al punto da voler abolire lo Stato, ma intende ridurlo a “guardiano notturno”). Mi verrebbe da dire allora che Nietzsche sia precursore, più che del nazismo, dell’anarco-capitalismo (che Rand, come detto, non ha mai appoggiato, pretendendo uno Stato ultra-minimo, non un’abolizione dello Stato): niente Stato, niente Chiesa, morale o compassione, solo la selezione naturale degli uomini più forti (indipendentemente dalla loro razza però). Anche se dubito che il superuomo così come pensato da Nietzsche si farebbe imbrigliare dal denaro (che diventerebbe un altro idolo da adorare, l’ennesimo) personalmente mi sembra che, anche se non sovrapponibili, l’individualismo randiano e l’anarco-capitalismo siano ideologie molto più vicine al pensiero filosofico del buon Federico rispetto al nazismo. Una tale analogia, tra l’altro, renderebbe il superomismo nicciano molto più attuale. E probabilmente gli conferirebbe anche una maggiore pericolosità: perché un mondo senza organizzazione politica, dominato da pochi individui “superiori” in virtù della loro capacità di creare e prorompere è molto più probabile che sia un mondo più simile a quello prospettato da Nietzsche che dagli anarco-capitalisti: feroce e prevaricatore nei confronti dei più (ossia il “gregge”, gli “schiavi”, come il filosofo tedesco riteneva le masse dei mediocri), alla faccia dell’assioma di non-aggressione. Un mondo non certo alle nostre spalle come la barbarie nazista, ma che forse è già fra noi.

Dottor Antonio Fabrizi

[1]     Qui l’articolo: http://www.libertaepersona.org/wordpress/2016/06/nietzsche-e-il-nazismo-un-approdo-obbligato/?fbclid=IwAR3a-GU42VCSl2ZeNqaeqpoa_nBXxukU9FOeaZy25EtUE43UUFVUIXjdKx4