Una riflessione storico-anagrafica a cura del Dott. Antonio Fabrizi
In occasione della Giornata della Memoria ho intravisto un post Facebook che parlava di Yakov Ivanovič Vicenko, soldato dell’Armata Rossa, che a diciannove anni, varcò i cancelli di Auschwitz per liberarne i prigionieri superstiti. L’età di questo soldato mi ha fatto tornare in mente un dato a cui non pensiamo spesso, anche quando ne siamo consapevoli, ovvero che la Seconda Guerra Mondiale è stata combattuta, soprattutto, da giovani e giovanissimi.
Facile pensare, a questo proposito, agli eserciti irregolari: le staffette partigiane, per esempio, avevano in genere quattordici-quindici anni e non era, del resto, inusuale vedere partigiani (e partigiane) combattenti anche di diciassette anni. E questo vale per tutti i paesi occupati dai nazisti: Paesi Bassi, Belgio, Francia, Jugoslavia e Italia. Per fare un esempio, Freddie Oversteegen, partigiana olandese, aveva quattordici anni quando minava ponti e ferrovie per farle saltare in aria ostacolando così il traffico militare della Wermacht, quando non faceva saltare in aria anche i convogli nazisti. Zinaida Portnova, partigiana bielorussa, aveva diciassette anni quando fu uccisa dagli agenti della Gestapo durante un interrogatorio. Al momento di morire, aveva già all’attivo, per così dire, un sabotaggio ad una centrale idroelettrica, un altro a una fabbrica di mattoni, nonché, soprattutto, l’avvelenamento di un’intera guarnigione nazista: assunta nelle cucine a Obol, avvelenò il cibo e per sviare i sospetti arrivò a mangiarne una parte davanti ai nazisti. Sopravvissuta all’avvelenamento, avrebbe fatto da scout per le unità partigiane nella foresta, per poi, infine, appunto essere catturata e uccisa dalla Gestapo. Secondo i resoconti degli agenti, ella si sarebbe impadronita di una pistola di uno di loro, ucciso il suo inquirente, ucciso i due soldati accorsi, per poi, infine, essere abbattuta durante la fuga. Alquanto nota, nella Jugoslavia occupata dai nazifascisti, Lepa Radic, anch’ella di anni diciassette, impiccata dopo essersi rifiutata di tradire i propri compagni riferendo i loro nomi. Per quanto riguarda l’Italia, molti dei suoi partigiani non avevano neanche vent’anni. Giacomo Ulivi, per esempio, che teneva il collegamento tra il CLN di Parma e le formazioni operanti in città, il quale, catturato, lasciò di sé una lettera poi battezzata “Lettera agli amici”, vero e proprio testamento politico, aveva diciannove anni quando fu fucilato. Marisa Musu ne aveva diciassette quando prese parte alla Battaglia di Porta San Paolo a Roma tra il 9 e il 10 settembre 1943. L’anno successivo avrebbe preso parte all’agguato di Via Rasella. Anche Luigi Pintor, futuro fondatore de “Il manifesto”, non aveva neanche diciannove anni quando fu arrestato, imprigionato e torturato dalla Banda Koch. Per non parlare di Ugo Forno, dodici anni, ultimo caduto della Resistenza romana, o Gennaro Capuzzo e Filippo Illuminato, rispettivamente di undici e tredici anni, caduti nell’insurrezione di Napoli.
Non che sul fronte opposto l’età fosse tanto diversa: i bandi d’arruolamento della Repubblica Sociale Italiana, in effetti, furono rivolti presto anche ai diciassettenni. Esiste inoltre una testimonianza di un ex combattente croato di nome Joso che, a diciannove anni, sorvegliava il campo di Jasenovac, il famigerato campo di concentramento (ma forse potremmo dire direttamente di sterminio) in cui gli ustascia uccidevano ebrei, rom e serbi. Joso ricorda in particolare di come fu costretto da un ufficiale a schiacciare la testa di un bambino. Dopodiché, ubriacatosi violentò e uccise alcune ragazze. “In seguito non ebbi più bisogno di ubriacarmi” confessò ai partigiani jugoslavi che lo interrogarono. Ma la vicenda più controversa riguarda, credo, le cosiddette “Fiamme Bianche”, ragazzini arruolati, spesso come volontari, nell’esercito della RSI. Un gruppo di essi, tutti diciassettenni, fu da essa “prestato” ai nazisti della FLAK impegnati nella repressione antipartigiana nel cosiddetto “Litorale Adriatico” (comprendente Istria, Dalmazia, Provincia di Fiume, Friuli, Venezia Giulia, Provincia di Belluno), passato, dopo l’8 settembre sotto l’amministrazione diretta del Terzo Reich. Essi si occupavano, tra le altre cose, anche delle esecuzioni, la più nota è quella di Bassano del Grappa. Lì i ragazzini, dopo aver impiccato i partigiani prima sedati agli alberi (si passava con la camionetta, si metteva la corda al collo a uno, poi, dirigendosi all’albero successivo, lo si lasciava semplicemente penzolare) vilipesero i cadaveri infilando loro sigarette in bocca e scherzando trattandoli come marionette. Molti degli appartenenti alle “Fiamme Bianche” caddero in battaglia, altri negli attacchi aerei angloamericani contro i treni militari. Altri ancora, nelle zone più a ridosso al confine tra Italia e Jugoslavia, sarebbero finiti uccisi dai soldati jugoslavi e sottoposti a “sepoltura rapida” nelle foibe. Probabilmente fra coloro che lo fecero molti dovevano avere un’età simile.
Ma non erano soltanto gli eserciti irregolari a contare giovanissimi fra le loro fila. Ho già citato l’Armata Rossa, che, falcidiata dall’avanzata della Wermacht e dall’agire degli Einsatzgruppen, finì per arruolare gente “dalla culla alla tomba” pur di avere soldati (e soldatesse: prima soltanto “ausiliarie”, poi sempre più tiratrici scelte, aviatrici e carriste da impiegare al fronte, sia nel fermare l’avanzata nazista sia nella controffensiva, fino a Berlino).
Dall’altra parte, anche il Terzo Reich finì per arruolare ragazzi giovanissimi pur di resistere all’avanzata alleata: quindicenni furono i soldati della Hitlerjugend che combatterono in Normandia contro gli angloamericani, non facendosi scrupoli, al pari dei più grandi, a fucilare i soldati di colore presi prigionieri, addirittura furono dodici-tredicenni quelli che parteciparono alla Battaglia di Berlino contro l’Armata Rossa entrata in città, finendo falcidiati da ragazzi poco più grandi di loro, parte dei quali probabilmente parteciparono ai ben noti stupri di guerra ai danni delle donne tedesche.
Spero che questa carrellata di esempi aiuti il lettore a rammentare che i grandi e tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale furono segnati dall’agire di gente che oggi considereremmo minorenne o poco più, i quali, con una mente e una morale ancora in via di formazione, vi si ritrovarono come vittime e carnefici.